Rispondendo al saluto del parroco
Voglio salutare da questo splendido balcone la vostra parrocchia affidata alla cura pastorale della congregazione religiosa dei Servi dei poveri che da venticinque anni compie in questo ambiente il ministero pastorale. Voglio salutare tutta la comunità parrocchiale, tutti i presenti e tutti gli abitanti di questa zona. Saluto tutte le famiglie e ciascuna famiglia in particolare perché ogni famiglia è già una Chiesa, una “Ekklesia”, una Chiesa domestica, una piccola Chiesa, come ci ha ricordato il Concilio. Voglio poi salutare le diverse generazioni cominciando dagli anziani, dai nonni, per poi passare ai genitori, agli adulti, ai giovani, ai bambini, ai più piccoli e ai neonati. Tutti sono abbracciati dallo stesso amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tutti voi vi trovate sotto la protezione della vergine Madre, Madre della Perseveranza. Ha un bel titolo la vostra parrocchia.Incontrandovi per la prima volta e parlando per la prima volta alla vostra comunità non posso augurarvi altro che quanto si trova in questo titolo. Auguro la perseveranza a tutti. Perseveranza nel bene, nella vita cristiana, nella fede; perseveranza di ogni giorno, per tutta la vita. La perseveranza è anche una grazia speciale e preziosa per ciascuno di noi. Dobbiamo perseverare fino alla fine, perché la vita è un cammino. Dobbiamo tutti arrivare fino alla meta e per arrivare bisogna essere perseveranti. Questa nostra perseveranza si trova nelle mani della Madre della Perseveranza.
Ai ragazzi e ragazze
Vi ringrazio prima di tutto per i fiori che mi avete offerto. Il tempo non è ancora caldo e i fiori non si trovano facilmente, ma se c’è il cuore si trovano anche i fiori. Voi siete i parrocchiani più giovani: siete bambini, ragazzi e ragazze e fate parte di questa parrocchia posta sotto la protezione della Madonna della Perseveranza. Perseverate anche voi per tutta la vita, bisogna essere perseveranti ogni giorno. Voi dovete perseverare nello studio ma anche dovete perseverare nel prepararvi ai sacramenti, alla prima Comunione, alla Cresima . . . [Dopo un breve incidente tecnico dei microfoni:] Se il microfono non è perseverante non è colpevole. Invece se non fosse perseverante il Papa o un bambino, una ragazza o un ragazzo sarebbe un’altra cosa, perché noi siamo responsabili della nostra perseveranza. Vi auguro di essere perseveranti, di imparare la perseveranza fin dalla piccola età, fin dalla giovinezza, fin dalle piccole cose. Pregate la Madre di Cristo, patrona della vostra parrocchia, di essere perseveranti nei vostri doveri quotidiani, a scuola e in casa. La perseveranza ci porta ad essere dei buoni cristiani; ci prepara ad essere dei buoni cristiani nella vita futura.
Ai catechisti
Vi ringrazio, carissimi, perché mi siete di valido aiuto. Il Papa, infatti, se così si può dire, è il primo catechista della Chiesa di Roma, oltre, naturalmente, di quella universale. Lo è come successore di Pietro che primo catechista lo fu storicamente giacché prima catechesi fu quella del giorno di Pentecoste. Pietro a sua volta succedeva a Gesù il quale, dice Paolo VI nella Evangelii nuntiandi, fu il primo evangelizzatore. Potremmo dire, però, che Gesù fu anche veramente il primo dei catechisti giacché la catechesi è insita nell’evangelizzazione. Non vi è evangelizzazione, infatti, se non tramite la catechesi. Questo è il metodo che la Chiesa sperimenta da secoli, tanto per i giovani quanto per il resto dell’umanità. La Chiesa, come si dice nel documento Catechesi tradendae, deve catechizzare ed essere a sua volta catechizzata. Vi auguro, perciò, di impegnarvi con grande amore per Gesù Cristo in questo lavoro. Dico con grande amore perché è soprattutto questo che serve. E spero anche che il vostro amore per Gesù Cristo possa crescere di giorno in giorno. Vi auguro inoltre di raccogliere i frutti pratici della catechesi: che i vostri catecumeni possano trovare tanta luce, possano capire meglio i misteri e le verità della fede e i principi della vita cristiana. Questo è il frutto di questa educazione. Vi ringrazio e vi auguro tutto questo che è abbastanza, e vi benedico di cuore.
Risposta alle domande dei giovani
Si vede che i giovani sono abbastanza curiosi! Vogliono sapere tutto, e vogliono sapere tutto insieme! Le domande che vertono sulla mia vita e specialmente quella sulla mia giovinezza sono di grandissima importanza, ma non è facile dare una risposta breve e semplice specialmente per quanto riguarda la vocazione. Essa è sempre una grazia del Signore e il Signore sa trovare le strade per ciascuno di noi quando ci vuole chiamare. Ho parlato di alcune di queste cose nel libro scritto da André Frossard: Dialogo con Giovanni Paolo II, che è stato tradotto anche in italiano: se siete tanto curiosi potete leggerlo: sarà utile non solo per conoscere i particolari della vocazione e della vita personale del Papa quand'era giovane . . . Secondo me i giovani sono sempre gli stessi eppure esiste una grande differenza tra i giovani della mia epoca e quelli di oggi. Parlo secondo la mia esperienza, secondo ciò che ho conosciuto nella mia visuale e nel mio Paese: ai miei tempi la vita era più uniforme, marcata da una certa tradizione, e poi anche più sostenuta dalle istituzioni, come scuole, associazioni, eccetera. Forse oggi c'è più individualismo. D'altra parte non è facile nemmeno dare un giudizio giacché tutto va cambiando rapidamente. Basta pensare come sembrano già tanti gli anni che ci separano dal Concilio Vaticano II, quanti cambiamenti ci sono stati fra il 1968 e gli anni Settanta, gli anni Ottanta: un'epoca. Quanta differenza, soprattutto nel campo giovanile! Si può dire che i giovani di questi ultimi anni sono più alla ricerca di valori, di una vera gerarchia di valori; valori morali, spirituali. Naturalmente tutto ciò è in evoluzione e poi è difficile limitarsi a un ambiente, per esempio quello italiano, di fronte a tante situazioni diverse anche solo negli altri Paesi europei. La mia esperienza oggi proviene dagli incontri con i giovani; non si tratta di esperienza diretta di pastorale giovanile. Per molti anni, nella mia vita sacerdotale e anche di vescovo, ho avuto esperienza diretta della pastorale giovanile, e tutto ciò che conosco proviene da lì. Oggi la mia esperienza è più indiretta ma credo sufficiente per incontrare i giovani e nelle più diverse parti del mondo.
Nei miei viaggi, anche ultimamente in America Latina, in Venezuela, in Ecuador, in Perù, a Trinidad e Tobago ho incontrato dappertutto grandi gruppi di giovani, centinaia di migliaia: la più grande adunanza è stata certamente quella all'ippodromo di Lima dove, ad esempio, ho parlato delle beatitudini. Anche lì mi è sembrato che ciò che dicevo veniva recepito, accettato. Quindi mi sembra che i giovani aspettino il messaggio evangelico. Se lo aspettano è buon segno! E se devo paragonare questi grandi incontri a quelli nelle parrocchie romane, ecco che li vedo simili. Perché io penso - e questo mi proviene dal passato, da quando avevo un'esperienza più diretta - che i giovani crescano, nella stessa generazione, un po' con gli stessi problemi, con gli stessi ideali, con le stesse ansie, con le stesse preoccupazioni. Per quanto riguarda i giovani italiani, per esempio, mi dice il presidente Pertini che li incontra spesso durante le visite al Quirinale, hanno soprattutto due domande: "Presidente, quale sarà il nostro futuro? Noi siamo, sì, il futuro, ma cosa ci aspetta?". E soprattutto due cose: Il nostro futuro sarà libero dalla guerra nucleare?". Questa è una domanda che fanno i giovani italiani. La seconda è: "Quando avremo finito la scuola, avremo lavoro?". Sono due domande tipiche, dice il presidente, che i giovani gli rivolgono quando si incontrano con lui. Questo tanto per dire qualcosa dell'esperienza mia che è anche quella del presidente Pertini, ma è anche l'esperienza di molti vescovi e sacerdoti che fanno esperienza diretta incontrando i giovani.
Ci sono poi due domande molto importanti da parte vostra: "È fiducioso che sulla terra possa regnare la pace?". Devo riconoscere che questo è certamente il problema centrale della vostra generazione, della generazione che chiude il secondo millennio. Io sono convinto che possiamo vincere, che possiamo vincere e ottenere la pace. Naturalmente ci vuole un grande sforzo, molta fermezza, un grande impegno e, secondo me, preghiera intensa perché il Signore allontani i pericoli che si addensano su di noi. A proposito delle ideologie, di fronte a quelle che perseguono mete di giustizia attraverso la violenza, qual è l'alternativa concreta che può soccorrere i cristiani? Il cristiano cerca sempre di realizzare la giustizia, anzi, più che la giustizia: una civiltà di amore. Ma non la cerca con i mezzi violenti. E qui siamo nella nostra posizione più esplicita: non si può creare la pace con la violenza, la pace con la guerra. Non si può creare la giustizia con la violenza: ciò è ingiustizia. Tutti coloro che hanno intrapreso la via della violenza hanno visto che essa non conduce alla giustizia. Ammazzare un uomo, privare della vita persone innocenti - e quanti innocenti sono stati privati della vita -, perché l'ideologia dice che bisogna distruggere il sistema, non importa se alcuni sono innocenti, perché il sistema è cattivo e quindi bisogna distruggere questa società. È certamente un modo di pensare sbagliato: non si può creare il bene con il male. Noi speriamo che questi falsi programmi cedano a un programma più giusto, rispettoso della persona e dei valori fondamentali dell'umanità, e fra questi, naturalmente, la vita. Ecco, mi limito a questa risposta che non è sufficiente ma è solo circoscritta al momento.
Penso che durante quest'anno avremo più possibilità e più occasioni per parlare di questi problemi. Il 1985, come avete ricordato voi, è stato proclamato dall'ONU "Anno internazionale dei giovani"; la Chiesa vuol prendere parte, naturalmente con i sui criteri e i suoi metodi, a quest'iniziativa: un primo passo è stato fatto con il messaggio del primo dell'anno, ma ancora si faranno altri passi qui a Roma e altrove. Dobbiamo consacrare più attenzione, più riflessione, più preghiera ai giovani, a quei giovani che si preparano già al terzo millennio.
Termino qui queste mie risposte, ma spero che anche se improvvisate, esse possano contenere un po' di luce. Per finire auguro a questa parrocchia di rispondere in pieno al titolo di cui si fregia, quello della perseveranza. A volte si accusano i giovani di non essere abbastanza perseveranti, di nutrire grandi entusiasmi per gli ideali ma di non portarli a compimento. La perseveranza è una grande virtù. Nella gioventù si costruisce tutto ciò che è decisivo nella vita ma ci vuole perseveranza per continuare bene perché vita è una costruzione completa, una casa che deve svilupparsi piano per piano. Voi giovani siete al secondo piano, io ormai al sesto o al settimo: vi auguro di salire sempre più in alto. E vi benedico di cuore".
P.P.Giovanni Paolo II ,Roma domenica 17 febbraio 1985